Alessandro Capece (Tarano, 1575 ca. - Napoli ?, 1635 ?)

Alessandro Capece (Tarano, 1575 ca. - Napoli ?, 1635 ?)

Sulla base delle attuali conoscenze, sappiamo che Alessandro Capece nacque intorno al 1575 a Tarano, piccolo comune oggi in provincia di Rieti. L’appellativo «romano» con il quale il nostro compositore si presenta in molte delle sue pubblicazioni, è da mettere in relazione al fatto che a fine Cinquecento il piccolo borgo sabino, all’epoca feudo della signoria dei Savelli, rientrava nella provincia di Roma, questo giustificherebbe appunto l’appellativo di «romano».

Non sappiamo con chi e dove il nostro madrigalista si sia formato artisticamente, vista però la vicinanza di Tarano con Roma, è possibile ipotizzare che il giovane compositore abbia avuto modo di frequentare gli ambienti musicali della città, ipotesi a non escludere del tutto visto che, proprio a Roma, nel 1611, egli pubblicò il suo Primo Libro de mottetti a 2, 3 e 4 voci. Il suo primo incarico ufficiale risale al 27 settembre del 1613 anno in cui assunse la mansione di organista supplente e maestro di cappella nel duomo di Rieti, ufficio che mantenne fino al 1617. A questo periodo risale una delle sue opere più importanti, l’Octo Magnificat in singulis tonis quaternis vocibus concinendis Op. quartum scritto per quattro voci e pubblicato nel 1616 dall’editore romano Bartolomeo Zannetti. Sul frontespizio della partitura, conservata nel Museo Internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna, il compositore si firma con il nome latinizzato di Alexandro Capicio definendosi «romano», in «Cathedrali Ecclesia Reatina Musices Magistro», inoltre la stessa copia reca una lettera dedicatoria di Marzio Ciuccotti, in cui il Capece è reputato uomo assai erudito. Un’altra importante fase della carriera artistica e professionale di Alessandro Capece ebbe luogo a Sulmona quando, nel 1619, assunse la carica di maestro di cappella nella Chiesa della SS. Annunziata.

Apprezzato e stimato professionista, tra l’altro conosciuto per la sua non comune preparazione culturale, stando al giudizio del già citato Marzio Ciuccotti, Alessandro Capece giunse a Sulmona con alle spalle una solida preparazione artistica. Rilevante doveva presentarsi agli amministratori della SS. Annunziata la produzione sacra e profana del compositore taranese: oltre al già citato Libro di Mottetti del 1611, ricordiamo un Libro di Mottetti concertati, pubblicati nel 1613, un libro dedicato ai Salmi di Davide (1615), la raccolta di Magnificat a quattro voci (1616), il Primo Libro dei Madrigali a quattro, cinque e otto voci stampato nel 1616 dedicato al suo protettore Franciotto Orsini1, e un Libro di Madrigali a quattro, cinque sei e otto voci pubblicato nel 1617, opere stampate a Roma presso Giovanni Battista Robletti e Bartolomeo Zannetti.

L’incarico sulmonese conferito al Capece è confermato nel Quarto libro de’ mottetti concertati a due, tre, quattro, cinque, sei, sette e otto voci Op. nona e nel Sesto libro de mottetti concertati a due, tre, quattro e cinque voci Op. duodecima, in cui il Capece si qualifica come «Maestro di cappella della Santiss. Nontiata di Sulmona. Nei due libri, pubblicati entrambe dall'editore romano Giovanni Battista Robletti, rispettivamente nel 1623 e 1624, compaiono due dediche: una al duca di Montenero Francesco Greco (quarto libro) e l'altra all'abate Andrea Luzii (sesto libro).

Non sappiamo con precisione quali fossero gli obblighi cui doveva assolvere il maestro di cappella una volta eletto. E’ ipotizzabile che egli, analogamente a quanto accadeva presso altre istituzioni simili, avesse il compito di comporre un determinato numero di brani all’anno, come Messe, Inni, Cantate e Vespri, e che dovesse altresì provvedere in modo sistematico anche alla realizzazione di musiche da destinare sia alla liturgia domenicale che a quella delle ore. È lecito supporre che, tra le mansioni affidate al Capece, vi fosse anche l’incarico di magister puerorum il cui compito era quello di istruire i fanciulli al canto fermo e alla pratica polifonica. Mansione mantenuta nei secoli successivi, come testimonia un documento risalente al 1792 in cui all’allora maestro di cappella, Pasquale Errichelli, venivano affidati «… quattro giovinetti per servire da chierici nella Chiesa di codesto Luogo Pio della Nunciata, ed apprende la musica ed il canto fermo sotto il Maestro di Cappella dello stesso Luogo Pio, D. Pasquale Errichelli»2.

Del periodo sulmonese si conoscono i due libri di mottetti sopra citati, appartenuti un tempo alla ricchissima biblioteca musicale dell’abate Fortunato Santini, volumi oggi di proprietà della Diozesabibliothek di Munster in Germania.

Durante gli anni della sua permanenza nella città ovidiana, il Capece operò in un ambiente culturale ricco e stimolante. Centro favorito della dinastia sveva, Sulmona si distinse, fin dal XIII secolo, per la sua vitalità intellettuale. Oltre alla biblioteca della cattedrale di S. Panfilo e a quelle dei numerosi monasteri presenti sul territorio, nella cittadina ovidiana era attivo uno Studium di diritto canonico da dove, come ricorda il Pansa «undique confluebant studentes»3 Anche la presenza di una nota stamperia, aperta da Marino d’Alessandri e sostenuta dall’umanista sulmonese Ercole Ciofano, testimonia una spiccata temperie culturale. La cittadina peligna, con i suoi monumenti, le chiese, i palazzi gentilizi, le numerose botteghe orafe, la produzione della lana e della seta, la lavorazione del ferro battuto, e di molte altre attività artigianali, rappresentava un importante centro di pregio e di operosità. Posizionata sulla dorsale appenninica, lungo l’antica via degli Abruzzi che collegava Firenze con Napoli, essa era altresì considerata un fondamentale snodo commerciale tra il nord e il sud della penisola dove transitavano non solo beni e persone ma anche correnti culturali diverse.

Non va tralasciata l’ipotesi di un eventuale rapporto di mecenatismo musicale tra il principe di Sulmona Marcantonio II Borghese, nipote di papa Paolo V, con la Casa Santa dell’Annunziata, il quale si distinse per l’appoggio dato a molti musicisti e letterati del tempo come, ad esempio, il compositore pugliese Luigi Rossi che fu al servizio della sua corte dal 1620 al 1636.4

E’ proprio nel Seicento che l’istituzione sulmonese visse una delle sue stagioni più fiorenti dal punto di vista musicale. Infatti, oltre a poter contare sulla collaborazione di un illustre compositore come il Capece e la professionalità di qualificati esecutori, la chiesa possedeva al suo interno un imponente organo costruito sul finire del Cinquecento dal noto mastro organaro Luca Blasi. Posto nella contro parete di facciata della chiesa, lo strumento andò perso nel rovinoso sisma del 1706. A quanto tramandatoci da Filippo Destephanis nelle sue annotazioni all’Historia dei Peligni del De Matteis, esso possedeva quindici registri e due tastiere. Oltre a quello della SS. Annunziata il Blasi realizzò, per volere di Clemente VIII, anche il celebre organo detto il Clementino, costruito in Roma per la Basilica Lateranense in occasione delle celebrazioni del giubileo del 1600.

Tornando al Capece, sappiamo che lo stesso restò al servizio della Casa Santa dell' Annunziata fino al 1624, anno in cui si trasferì a Tivoli allorché fu nominato maestro di cappella con salario annuo di 72 scudi. Nel 1625 il nostro compositore pubblica il suo Secondo Libro dei Madrigali e Arie a una, due e tre voci che dedica a Getulio Nardini vicario generale e arcidiacono del duomo tiburtino e il Terzo libro di madrigali a cinque voci Op. decimaterza che offrirà al suo predecessore l’arciprete Aurelio Briganti-Colonna. Possiamo affermare che, anche dopo il suo trasferimento a Tivoli, il legame del madrigalista sabino con l’Abruzzo non s'interruppe mai definitivamente, visto che, alcune delle Arie contenute nel Secondo Libro dei Madrigali sono state «fatte ad istanza» del duca e alla duchessa Cantelmo di Popoli.

Sappiamo che il 15 aprile del 1624, Urbano VIII cedette la diocesi di Tivoli al Vescovo Mario I Orsini, e tra le tante iniziative intraprese dal nuovo vescovo, vi fu anche quella di dare un nuovo assetto alla cappella musicale che proprio in quegli anni risultava composta, oltre che dal Capece, da alcuni dei migliori cantanti e strumentisti dell’epoca. Fra questi figurava come cantore prima e come organista poi anche il nome di Giacomo Carissimi il quale restò sotto le dipendenze del maestro reatino fino al 1626. Dal febbraio del 1627 il nuovo maestro di cappella fu il compositore tiburtino Francesco Mannelli, il quale aveva prestato servizio nella cattedrale prima come cantore e in seguito come organista. Il Mannelli resse l’incarico fino al gennaio del 1629, anno in cui il Capece tornò di nuovo alla guida della cappella tiburtina, questa volta con l’assicurazione di un regolare contratto. Con esso egli si impegnava a dirigere l’istituzione musicale per tre anni senza interruzioni, per la somma di 130 scudi.

Oltre al maestro taranese facevano parte dell’organico della cappella anche i suoi due figli: Giovanni Battista impiegato come cantore e Giovannantonio come organista. Sappiamo che quest’ultimo fu molto attivo in Abruzzo come compositore e maestro di cappella nel duomo di lanciano dal 1654 al 1666. Compose altresì le musiche del Melpomene sacra, una raccolta di otto libretti di melodrammi sacri scritti dal canonico aquilano e accademico dei Velati Teodoro Vangelista, pubblicati nel 1669 dallo stampatore aquilano Pietro Paolo Castrati e dedicati ad Aurelia Carafa Caraccioli marchesa di Barisciano. Nel 1631 il polifonista lascia Tivoli per recarsi a Napoli dove fu prescelto alla guida della Cappella Musicale della Chiesa del Gesù e del Collegio dei Nobili. Degli anni della sua permanenza nella città partenopea, sappiamo che fu al servizio dei Padri Filippini in qualità di organista e compositore, altresì ebbe rapporti professionali con il Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo in qualità di maestro di cappella. Di questo suo rapporto con l’istituzione cittadina abbiamo testimonianza in un registro degli esiti del settembre del 1635, nel quale compare per la prima volta il nome del madrigalista taranese chiamato a sostituire il maestro di cappella Antonio Sabino5.

Ascrivibili a questo quarto periodo sono i Responsori di Natale e di Settimana santa a quattro voci con basso continuo Op. vigesimaquinta e i Mottetti a 2 e 3 voci Op. vigesimasesta, dedicati a Girolamo della Marra suo discepolo pubblicati dall’editore napoletano Ottavio Beltramo nell’aprile del 1636.

La presenza in città di numerose istituzioni musicali, come i conservatori, i teatri, le cappelle musicali e le accademie, animavano costantemente la vita culturale cittadina, favorendo altresì una forte committenza civile e religiosa, motivo di interesse di numerosi artisti. Possiamo, infatti, immaginare il nostro compositore coinvolto in una delle tante iniziative promosse dalla nobiltà napoletana che, in particolari occasioni, radunava intorno a sé musicisti e compositori. Una di queste potrebbe essere stata ad esempio gli “spassi di Posillipo” un’attrattiva che aveva luogo a bordo di sontuose imbarcazioni e che vedeva impegnati artisti italiani e spagnoli nell’esecuzione di musiche sull’acqua.

Sebbene le sue ultime opere pubblicate furono quelle apparse in Napoli, si presume che l’attività compositiva del madrigalista italiano si protrasse per alcuni anni ancora.

Valter Matticoli (marzo 2015)

 

1 Oltre a nutrire un particolare interesse verso la musica, è noto che Franciotto Orsini mostrò una spiccata sensibilità per le scoperte scientifiche del suo tempo, come testimoniano due sue lettere del 9 e del 24 agosto 1613 indirizzate a Galileo Galilei, nelle quali oltre a rivelare la propria stima nei confronti del grande scienziato, chiedeva pareri su questioni di astronomia e spiegazioni su l’invenzione del cannocchiale. (Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. I, T. VII, c. 101 e Mss. Gal. nuovi acquisti Galileiani, n.12).

2 Archivio di Stato di L’aquila Sezione di Sulmona, cartacei, Fasc. 23 n. 200.

3 G. Pansa, Libri e librerie in Sulmona ne’ secoli XIII-XIV. In «Rassegna abruzzese di storia ed arte», 1897, ried. A cura di G. Papponetti, L’Aquila 1992.

4 Cfr. Henri Prunières, Notes sur la vie de Luigi Rossi, «Sammelbände der Internationalen Musikgesellschaft, XII (1910-1911), pp. 12-16.

5 Salvatore Di Giacomo, Il Conservatorio dei Poveri di Gesù cristo e quello di S. M. Di Loreto, Napoli, Remo Sandron Editore, 1927.